Carrà Gaini

Dal contratto di locazione allo sfratto per morosità

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Uno specifico inadempimento nel contratto di locazione, quello riguardante il mancato pagamento del canone, la c.d. morosità del conduttore, determina per il locatore la possibilità di avvalersi di un rimedio giudiziale dedicato, lo sfratto per morosità.

ll nostro viaggio all’interno del contratto di locazione è partito dalla sua definizione e tipologie per poi passare al tema dell’inadempimento con le conseguenti clausole di risoluzione al contratto.

Ora ci occuperemo dell’importante istituto dello sfratto per morosità, il cui fine è la risoluzione del contratto e la restituzione dell’immobile, nonché il recupero del crediti, a cui si può ricorrere solo in presenza di determinati presupposti.

Quali sono i presupposti dello sfratto?

Lo sfratto è innanzitutto uno speciale procedimento giudiziario con un rito più snello e con un’istruttoria sommaria, che si avvia con citazione a comparire notificata al conduttore, che permette al locatore di un contratto di locazione immobiliare di rientrare, all’esito, nella disponibilità del proprio immobile.

In base al nostro ordinamento si possono individuare due tipi di sfratto.

1)  La licenza per finita locazione (art.657 c.p.c.)

La procedura è attivata nel momento in cui il conduttore non restituisce l’immobile al locatore allo scadere del contratto, dunque a prescindere dalla morosità.

Teniamo presente che in riferimento alla “finita locazione” la legge prevede che il locatore possa inviare al conduttore un’intimazione di licenza, prima della scadenza effettiva del contratto, con cui richiedere di liberare l’immobile al termine: questo atto ha efficacia di disdetta del contratto di locazione.

2)  Sfratto per morosità (art.658 c.p.c.)

La procedura è avviata qualora il conduttore abbia omesso o ritardato di pagare i canoni di locazione alle scadenze prestabilite.

Rispetto però a questa “mancanza” è necessario accertare in giudizio quali sono le motivazioni che lo hanno portato a non pagare il canone e quindi se questi si trovi in una situazione di “morosità incolpevole”.

In questo contributo ci concentreremo solo sulla seconda fattispecie.

Ma quali sono i presupposti necessari all’avvio della procedura di sfratto per morosità?

Presupposti allo sfratto per morosità

Innanzitutto, occorre che il contratto di locazione, ad uso abitativo o commerciale, non sia frutto di un accordo verbale tra locatore e conduttore, ma sia un contratto scritto e registrato regolarmente all’Agenzia delle Entrate.

In caso di omessa registrazione del contratto, il locatore non potrà avvalersi della procedura di sfratto per morosità, bensì dovrà ricorrere all’ordinaria azione di merito, soggetta al rito locatizio (sulla falsariga del rito del lavoro).

In secondo luogo, ci deve essere una morosità che si esplica in maniera differente a seconda che si tratti di:

  • locazione ad uso abitativo, per cui basta il mancato pagamento anche solo di una mensilità, scaduta da almeno 20 giorni, o solo degli oneri accessori (spese condominiali) per un importo totale che sia superiore a due mensilità del canone.
  • locazione commerciale, a cui si applica il criterio dell’importanza dell’inadempimento (come previsto nell’art.1455 c.c.) per il quale è compito del giudice verificare il livello di gravità dell’inadempimento caso per caso (che trattiamo in un nostro precedente articolo).

E ciò salvo le parti abbiano previsto specifiche condizioni di risoluzione di diritto del contratto di locazione firmando una clausola risolutiva espressa (secondo cui, ad esempio, il contratto è risolto in caso di ritardo nel pagamento del canone anche solo di una mensilità superiore a 30 giorni).

Di prassi, prima di procedere con lo sfratto e la risoluzione del contratto, il locatore, con lettera di diffida, intima al conduttore a provvedere al pagamento entro un termine, annunciando così, in difetto, la successiva azione giudiziaria.

Il procedimento di sfratto per morosità e le sue fasi

Lo sfratto per morosità è un procedimento sommario (disciplinato dall’art.658 c.p.c. e ss.) che consente al locatore di poter richiedere al conduttore di liberare l’immobile (con conseguente risoluzione del contratto) per rientrarne in possesso in tempi relativamente brevi.

Il procedimento viene quindi attivato dal locatore (proprietario del bene o suo avente causa o delegato) con atto di citazione a comparire in un’udienza dallo stesso chiamata.

Nell’atto di citazione, ovviamente, il locatore dovrà dare atto della sussistenza della morosità e della specifica richiesta di convalida dello sfratto e di emissione di ordine di liberazione dell’immobile.

Questo particolare procedimento consente inoltre al locatore di chiedere al giudice la contestuale emissione di un’ingiunzione di pagamento, titolo per agire per il recupero del credito maturato anche in via esecutiva.

Oltre ai canoni insoluti alla data dell’inizio dell’azione, possono essere liquidati con l’ingiunzione anche quelli a scadere sino all’effettiva riconsegna del bene al locatore.

Tra il giorno della notifica dell’intimazione, al giorno della prima udienza, devono trascorrere almeno 20 giorni.

La prima udienza

La prima udienza, che può essere anche l’unica, è momento centrale della procedura di sfratto.

Si possono verificare diverse situazioni.

1)      Il locatore non si presenta in udienza (art.662 c.p.c.)

Non compare alla data stabilita nell’atto di citazione (magari perché nel frattempo il conduttore ha versato canone e spese), quindi cessano gli effetti processuali, con conseguente estinzione del procedimento di convalida.

2)      Il conduttore non si presenta in udienza (art.663 c.p.c.) o compare, ma non si oppone allo sfratto

Il giudice, verificato il persistere della morosità (su dichiarazione del locatore), emette un’ordinanza esecutiva di convalida di sfratto , ordinando al conduttore convenuto la liberazione dell’immobile entro un termine.

3)      Il conduttore si presenta e richiede al giudice il “termine di grazia” (solo uso abitativo)

È nel diritto del conduttore di un immobile ad uso abitativo, che abbia intenzione di pagare il dovuto, chiedere al giudice di differire la prima udienza per concedergli tale possibilità ed evitare la convalida di sfratto.

Si tratta di un periodo – il c.d. termine di grazia – non superiore ai 90 giorni, finalizzato esclusivamente a consentire al conduttore di avere il tempo per sanare il debito (canoni scaduti, interessi legali, spese giudiziali).

Se il convenuto entro il termine stabilito procede al pagamento integrale del dovuto, il procedimento si estingue, diversamente si va avanti.

Il termine di grazia, ove richiesto, deve essere concesso dal giudice, ma solo tre volte in quattro anni di contratto.

4)      Il conduttore si presenta e fa opposizione alla convalida di sfratto

Il conduttore, entro la prima udienza chiamata, può proporre opposizione allo sfratto, deducendo motivi per cui la morosità contestata non possa essere a lui addebitata, ancorché integralmente.

Se l’opposizione del conduttore è fondata su prova scritta o se sussistono gravi motivi, il giudice provvede con ordinanza al rigetto della richiesta di convalida di sfratto (art.665 c.p.c.) e converte il rito nel merito.

Ciò significa che il procedimento prosegue con il rito locatizio ai fini dell’accertamento pieno, e non più sommario, delle ragioni delle parti (come previsto dall’art.447-bis c.p.c.).

Qualora l’opposizione non sia invece fondata su prova scritta o non vi siano gravi motivi, il giudice, su istanza del locatore, «pronuncia un’ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva di esame delle eccezioni del convenuto» (art.665 c.p.c.), immediatamente esecutiva.

Dunque, in tal caso il procedimento prosegue nel merito locatizio, ma l’immobile deve essere comunque riconsegnato dal conduttore.

5)      Il conduttore si presenta in giudizio e sana il debito

Il conduttore, sino all’udienza, può sanare la morosità pagando al locatore, anche avanti al giudice, i canoni, le spese e gli interessi. In questo caso il procedimento si conclude con la conseguente chiusura della procedura.

Ciò salvo esista una clausola risolutiva espressa, secondo cui il contratto si debba intendere comunque risolto tra le parti in conseguenza del ritardo nell’adempimento, consentendo pertanto al locatore di insistere per la convalida sulla base dell’inadempimento verificatosi.

Convalida dello sfratto

Se lo sfratto viene convalidato dal giudice, l’ordinanza di convalida , che è titolo esecutivo (art.474 c.p.c.), fissa il termine entro cui il conduttore deve lasciare l’immobile.

Il termine di riconsegna sconta le specifiche circostanze che saranno dedotte dalle parti, in particolare dal conduttore convenuto in un contratto ad uso abitativo, che potrà allegare e provare particolari motivi che impongano la fissazione di un termine più ampio.

Ottenuta l’ordinanza di convalida, questa andrà munita di formula esecutiva e notificata dal locatore con un atto di precetto (art.480 c.p.c.) – per intimare il rilascio dell’immobile al conduttore.

L’esecuzione dello sfratto

Se al termine di rilascio il conduttore non abbia consegnato l’immobile al locatore, questi può procedere  con l’esecuzione forzata in forma specifica.

L’esecuzione è svolta tramite gli ufficiali giudiziari, che dovranno prima notificare altro atto specifico della procedura,  l’“avviso di sloggio”, con cui viene avvisato il conduttore della data e ora in cui è previsto il primo accesso ai fini della liberazione forzata dell’immobile.

Al primo accesso l’Ufficiale giudiziario, munito di titolo esecutivo e precetto, di norma non procede alla liberazione dell’immobile, ma è una sorta di avvertimento all’ex conduttore sfrattato che l’esecuzione è imminente.

Di prassi, in base al vissuto del debitore e alla situazione contingente dovuta anche al carico di lavoro dell’ufficio giudiziario, possono essere effettuati più accessi prima di liberare l’immobile.

Liberazione forzata dell’immobile

In mancanza della collaborazione del conduttore, l’Ufficiale giudiziario potrà chiedere l’intervento:

  • dalla forza pubblica in caso sia necessario un suo intervento;
  • da un fabbro per poter entrare nell’immobile, qualora nessuno apra la porta, e per cambiare la serratura dopo avere eseguito lo sfratto.

Infine, potrà essere richiesta la presenza dell’assistenza medica e dei servizi sociali in caso di particolari situazioni del nucleo familiare, specificatamente in un immobile ad uso abitativo.

Indubbiamente quest’ultimo aspetto può incidere decisamente sulla complessiva durata della procedura di sfratto per morosità, tanto che può passare anche molto tempo dall’emissione dell’ordinanza di sfratto al vero e proprio rilascio dell’immobile.

Con l’effettiva rimessione in possesso dell’immobile nelle mani del locatore, che avviene con verbalizzazione a cura dell’ufficiale giudiziario, la procedura può dirsi conclusa e, sino a tale momento, il conduttore è tenuto al pagamento delle indennità di occupazione dell’immobile (oltre ai canoni sino alla convalida).

Il destino dei beni del conduttore

Tuttavia, se nell’immobile, rimesso nella disponibilità del locatore, vi dovessero essere beni di proprietà del conduttore, occorre che l’ufficiale giudiziario li valuti:

  • e se evidentemente privi di valore ne disponga la distruzione/smaltimento;
  • qualora considerati invece passibili di una minima valutazione economica, il locatore è tenuto ad azionare altra specifica procedura, volta alla stima ed alla vendita giudiziaria di tali beni, non potendosene appropriare solo perché abbandonati dal conduttore, previa offerta formale per intimazione (ai sensi dell’articolo 1209 c.c.) a ritirare i propri beni.

Se hai necessità di un supporto legale in un procedimento di sfratto, non esitare, contatta il nostro Studio.

 

 

 

 

 

 

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