Carrà Gaini

“Usufrutto e affitto” dell’ azienda: il perimetro della trattativa

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Proseguiamo il nostro viaggio tra le operazioni straordinarie della gestione di impresa con il secondo appuntamento sul contratto d’affitto di azienda: usufrutto e affitto dell’azienda.

L’azienda, quale complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, o anche un suo ramo, può circolare e, dunque, essere oggetto di cessione/acquisizione, ma anche di usufrutto e di affitto.

Concentriamoci su queste ultime ipotesi, con cui un soggetto, proprietario di un’azienda, la concede in godimento ad un altro soggetto, dietro corrispettivo (= canone), affinché quest’ultimo eserciti l’impresa.

L’affitto dell’azienda o di un suo ramo, invero più dell’usufrutto, è uno strumento molto utilizzato, utile per molteplici finalità e situazioni, tra cui:

  • anticipare una successiva cessione dell’azienda (prevedendo un patto di opzione d’acquisto);
  • affrontare un passaggio generazionale;
  • gestire una crisi o anche per prepararsi ad una procedura concorsuale.

Seppur con alcune differenze, usufrutto e affitto d’azienda hanno molte analogie.

Usufrutto e affitto d’azienda, quali norme si applicano?

L’usufrutto trova spesso espresso fondamento e base giuridica in apposita sezione del Codice civile, mentre l’affitto d’azienda non è disciplinato in maniera organica, ma tramite un rinvio alle disposizioni dettate per l’usufrutto.

La disciplina dell’affitto d’azienda si ricava inoltre dalle disposizioni del Codice civile in materia di locazione e sublocazione (artt. 1615-1654 c.c.).

Si applicano anche le norme su locazione e sublocazione?

In particolare, l’art. 1615 c.c. dispone sulla locazione di cosa produttiva, mobile o immobile, così comprendendo anche il caso di affitto, ove può essere inquadrato l’istituto dell’affitto di azienda.

In sostanza, all’affitto di azienda possono applicarsi le norme sull’affitto in generale e quelle sulla locazione, ove compatibili con quelle (poche) specifiche sull’affitto dell’azienda, in presenza delle quali valgono queste ultime.

Quando un immobile è parte dell’azienda, talvolta è dubbia l’applicazione della disciplina sulle locazioni o di quella sull’affitto d’azienda.

In questi casi occorre differenziare (e spesso con difficoltà) una locazione di un immobile “produttivo”, comprensivo di macchinari, attrezzature, mobili, etc., da un contratto di affitto d’azienda.

A tal fine andrà verificata l’effettiva funzione prevalente, o meno, dell’immobile nel contratto, al di là della volontà espressa dalle parti in contratto.

Di prassi il il trasferimento del godimento dell’azienda (usufrutto e affitto) avviene tramite un contratto scritto con cui si definiscono i reciproci obblighi del caso concreto.

La forma scritta non è prevista a pena di nullità, ma è necessaria ai fini della prova, della pubblicità e della opponibilità ai terzi; dunque imprescindibile.

Infatti, il contratto di affitto/usufrutto d’azienda deve essere iscritto nel registro delle imprese, come previsto dall’art. 2556 del codice civile.

Per questo motivo il contratto deve essere redatto per iscritto, con la forma dell’atto pubblico o di scrittura privata autenticata, a cui dovrà seguire, entro 30 giorni, la pubblicità presso il registro delle imprese, a pena di sanzione amministrativa.

Sul contenuto, sulle clausole e sul delicato iter di stipula del contratto ne parleremo più diffusamente in un prossimo articolo della presente serie.

Quali limiti esistono nell’esercizio dell’azienda altrui?

Con l’affitto/usufrutto d’azienda si ha un trasferimento temporaneo della cosa-azienda ed una dissociazione tra la figura del proprietario dell’azienda e quella del soggetto, che si avvale della stessa.

Di conseguenza, chi esercita l’azienda in forza di affitto o usufrutto diviene il nuovo imprenditore della stessa.

Egli, come tale, ha un pieno potere di gestione, seppur nel rispetto di alcune fondamentali regole (dettate dall’articolo 2561 del Codice civile), secondo le quali:

  • l’azienda deve essere gestita sotto la ditta che la contraddistingue;
  • la destinazione dell’azienda non può essere modificata;
  • la gestione dell’azienda deve essere tale da conservare l’efficienza dell’organizzazione degli impianti nonché le normali dotazioni delle scorte.

Sul contraente concedente/affittante incombe il divieto di concorrenza, imposto dall’art.2557 c.c. per tutta la durata dell’affitto/usufrutto (salvo diverse pattuizioni delle parti).

Affitto e usufrutto: la successione nei contratti

L’affittuario/usufruttuario, quale nuovo imprenditore dell’azienda, succederà in tutti i contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda che non abbiano carattere personale, salvo che sia stabilito diversamente dalle parti (art. 2558 comma 1, c.c.).

E dunque, in assenza di esplicite pattuizioni, l’affittuario subentra in tutti i rapporti giuridici esistenti.

Fatta eccezione per i contratti aventi natura personale, strettamente connessi alla persona dell’imprenditore (che nel caso dovrebbero essere ceduti secondo la disciplina ordinaria della cessione del contratto).

La finalità della norma in esame è quella di preservare l’unità funzionale dell’azienda – in modo da evitare che si perda la concreta capacità produttiva della stessa – con un trasferimento di un complesso aziendale incompleto ed inefficiente, perché privato di alcuni rapporti fondamentali contrattuali.

Definizione dei contratti

A tal fine, è altresì opportuno che le parti definiscano quali contratti intendono trasferire e quali invece escludere, per evitare di trasferirli tutti in blocco.

In tale circostanza occorrerà altrettanto verificare se, di contro, l’esclusione di uno o più determinati rapporti contrattuali possa svuotare di contenuto il trasferimento d’azienda.

In questo modo si realizza, ad esempio, una locazione di immobile non desiderata e con diversa qualificazione del rapporto e conseguente inapplicabilità della disciplina in esame (anche ai fini fiscali).

A differenza della cessione, nel trasferimento d’azienda non è necessario il consenso del contraente ceduto.

Tuttavia, il terzo contraente può recedere dal contratto trasferito ove sussista una giusta causa, entro tre mesi dalla notizia del trasferimento d’azienda, ai sensi dell’art. 2558, comma 2, del codice civile.

La “giusta causa” di recesso, secondo la giurisprudenza, deve essere ricondotta a circostanze che incidono sulle qualità personali o patrimoniali del nuovo contraente, tali da non garantire più la regolare esecuzione del contratto.

Come esempio pensiamo:

  • allo stato di dissesto,
  • o al discredito commerciale dell’affittuario,
  • o nel caso in cui l’azienda, in conseguenza del trasferimento, sia stata ridotta o modificata.

Tra i contratti che in mancanza di diversa indicazione vengono trasferiti, troviamo:

  • contratti di lavoro, la cui continuità nel trasferimento è tutelata dall’art. 2112 del codice civile, proseguendo nei confronti dell’affittuario, con conservazione dei diritti e con un regime di solidarietà tra concedente ed affittuario.
  • contratti di locazione, che vengono trasferiti con l’azienda, anche qualora esista nel contratto di locazione un divieto di cessione;
  • contratti di fornitura, utenze, etc.;
  • contratti di leasing, salvo gli stessi prevedano una clausola particolare che lo vieti;
  • contratti di assicurazione, etc.

Per i contratti eseguiti, invece, si fa riferimento alla disciplina sulla cessione dei crediti e debiti.

La sorte dei crediti e dei debiti dell’azienda (o del suo ramo)

Nell’affitto i crediti ed i debiti dell’azienda non si trasferiscono insieme all’azienda, salvo qualora ciò sia espressamente previsto dalle parti in contratto.

Non si applica infatti l’art. 2560 c.c. (per consolidata giurisprudenza, si veda in primis: Cassazione civile 8 maggio 1981, n. 3027), che prevede, nel diverso caso di cessione d’azienda, l’accollo dei debiti da parte dell’acquirente se essi risultano dai libri contabili obbligatori.

Pertanto, l’affittuario assumerà una responsabilità diretta:

  • solo per i debiti da lui contratti durante la gestione dell’azienda,
  • mentre i debiti del concedente, per essere esigibili dai creditori nei confronti dell’affittuario, devono risultare dal contratto di affitto ed essere annotati nelle scritture contabili obbligatorie.

Infatti, il concedente sarà obbligato per i debiti contratti anteriormente al trasferimento, se non risulta che i creditori abbiano aderito alla cessione del debito.

In merito al trasferimento dei crediti, l’art. 2559 c.c. non prevede il caso di affitto di azienda, tuttavia, se il trasferimento dei crediti è previsto nel contratto, la cessione degli stessi sarà opponibile secondo la procedura prevista dall’art. 1265 c.c. (notifica e accettazione).

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