Carrà Gaini

Amministratore e concorrenza

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Può l’amministratore di una società rassegnare le dimissioni dalla propria carica, avviare e gestire un’attività in proprio o per conto di altri nello stesso segmento di mercato o prodotto della società che amministrava, sfruttando così il know-how acquisito?

La risposta non è così scontata.

Ora vediamo perché.

1) Il caso pratico.

Poniamo che

– Caio, amministratore della società Alfa srl, rinunci alla carica, facendo venire meno la maggioranza del Consiglio;

– e, in assenza di una specifica clausola statutaria e di un patto di non concorrenza, decida di sfruttare il know-how acquisito durante gli anni di attività presso la società Alfa Srl, avviando un’attività analoga.

In breve tempo Alfa srl viene a sapere che l’amministratore uscente ha intrapreso un’attività in concorrenza nel medesimo mercato. 

Come può tutelarsi Alfa? 

Fino a dove può spingersi Caio nella sua nuova attività?

2) Il divieto di concorrenza dell’Amministratore in carica.

Un amministratore è reso partecipe di tutti i segreti e know-how aziendali.
Per questo motivo il codice civile all’art. 2390 stabilisce che egli non può: 

  • assumere la qualità di socio a responsabilità illimitata in società concorrenti,
  • esercitare un’attività concorrente per conto proprio o altrui,
  • amministrare una società concorrente, salvo autorizzazione ad hoc dell’assemblea. 

L’autorizzazione può anche essere concessa anticipatamente con una clausola generale nell’atto costitutivo. Dev’essere specifica rispetto a un atto o a una particolare attività. E’ indispensabile quindi una valutazione preventiva degli interessi coinvolti.

Fuori dai casi vietati dalla legge, l’amministratore non è esente da responsabilità nemmeno se lavora in concorrenza come lavoratore subordinato o anche come consulente di una società concorrente. In questi casi la condotta concorrente dovrà essere provata e prevede la revoca dall’incarico per giusta causa e il risarcimento del danno. 

Le limitazioni appena citate valgono per l’amministratore in carica.

E nel caso in cui l’amministratore sia cessato dalla carica o la stia cessando (dimissioni non ancora efficaci)?

3) La cessazione dall’incarico.

L’incarico può cessare per diverse ragioni, tra cui la rinuncia da parte dello stesso Amministratore (dimissioni).

Torniamo quindi a Caio: rassegnate le proprie dimissioni e in mancanza di un patto di non concorrenza, Caio potrà avviare una propria attività usufruendo del know–how acquisito, nel rispetto dei limiti imposti dall’art. 2598 del codice civile in materia di concorrenza sleale. 

Tuttavia le dimissioni hanno effetto immediato solo se rimane in carica la maggioranza degli amministratori (art. 2385 codice civile).

La finalità di questa norma è duplice: 

  • garantire continuità
  • impedire la paralisi dell’organo di gestione della società, che rischierebbe di rimanere priva di chi la amministra e rappresenta.

Se la maggioranza viene meno si apre il cosiddetto periodo di prorogatio: in questo frangente Caio rimarrà formalmente in carica sino alla nomina di una nuova maggioranza. Con i vincoli imposti dall’art. 2390 che abbiamo già esaminato.

4) Dubbi sulla cessazione dall’incarico.

Non sempre è facile stabilire il momento in cui l’incarico di amministratore cessa.

Questo momento talvolta coincide con la data delle dimissioni talvolta no, a seconda del modello di governance che la società ha adottato. 

L’amministrazione, infatti, può essere affidata a una persona oppure a più persone. 

Nel secondo caso, la forma dell’amministrazione può essere pluripersonale congiunta ovvero disgiunta.

Cosa distingue queste due forme di amministrazione?

Mentre nel primo caso l’amministrazione è affidata ad un collegio che delibera a maggioranza, nel secondo caso ciascuno degli amministratori agisce autonomamente quanto all’ordinaria amministrazione e collegialmente quanto alla straordinaria.

Nelle società a responsabilità limitata, in caso di due co-amministratori con poteri disgiunti, le dimissioni di uno dei due amministratori sono efficaci dal momento in cui il secondo amministratore le riceve poichè la società mantiene il proprio organo gestorio nella persona, appunto, dell’amministratore che resta in carica.

In sintesi: ci sono casi in cui non è applicabile l’istituto della prorogatio e quindi, l’art. 2390 cc, non vincolerà l’amministratore dimissionario.

5) Arriviamo al dunque.

La mera presentazione delle dimissioni da parte dell’amministratore, quando viene meno la maggioranza, non è sufficiente a liberarlo dal divieto di concorrenza di cui all’art. 2390 c.c.

Fino al rinnovo dell’organo amministrativo, l’amministratore uscente (in regime di prorogatio), farà bene ad astenersi dall’avviare attività anche solo contigua, per non dire in concorrenza con quella svolta dalla società che amministra. 

Solo quando la maggioranza sarà ricostituita l’amministratore potrà a tutti gli effetti considerarsi cessato dalla carica.  Da quel momento potrà agire liberamente, con il (solo) limite della concorrenza sleale, pena un’inibitoria e conseguente risarcimento del danno.

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