Carrà Gaini

Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti

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Il primo provvedimento attuativo del c.d. Jobs Act, ossia della Legge delega n. 183/14, in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, è entrato in vigore lo scorso 7 marzo: per i neoassunti cambia la disciplina di tutela in caso di licenziamento illegittimo e, attraverso la modifica dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, l’indennizzo crescente in base all’anzianità di servizio e alle dimensioni dell’azienda, e non più la reintegrazione nel posto di lavoro, costituisce la regola generale.

La reintegrazione nel posto di lavoro del nuovo assunto a tempo indeterminato, in caso di illegittimità del licenziamento, infatti, è limitata al recesso nullo, discriminatorio, intimato in forma orale e al solo licenziamento disciplinare rispetto al quale sia dimostrata l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore; in quest’ultimo caso, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro a reintegrare il lavoratore con il pagamento di un risarcimento massimo pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione dal giorno del licenziamento sino a quello della reintegrazione e a versare al lavoratore i relativi contributi previdenziali e assistenziali.

Pertanto, il risarcimento in misura pari a 2 mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mensilità, risulta la regola generale applicabile ai nuovi licenziamenti.

Inoltre, nei casi in cui non ricorrano gli estremi per il licenziamento economico di un lavoratore assunto con contratto a tutele crescenti, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di servizio e sottratta alla discrezionalità del giudice (indennità di importo pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio, con un tetto minimo di 4 ed uno massimo di 24 mensilità).

Al fine di evitare le vie giudiziarie, il legislatore consente altresì il ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata: il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a 2 e sino ad un massimo di 18 mensilità.

Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, mentre in caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta previsti dalla legge, si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità, in caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta, la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.

In relazione alle piccole imprese, la reintegrazione nel posto di lavoro permane solo per le ipotesi di licenziamenti nulli, discriminatori e intimati in forma orale, mentre in tutte le altre ipotesi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.

La nuova disciplina si applica anche ai sindacati ed ai partiti politici.


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